Ieri è cominciata ufficialmente (dopo le anteprime come quella all’interno del contenitore “L'Italia sul 2“) la striscia quotidiana che anticipa l’appuntamento serale di X Factor, in onda in prime time dal prossimo lunedì 10 marzo su RaiDue. Andiamo immediatamente ad analizzare la struttura della pillola del nuovo reality in onda dalle 19.50 fino alle 20.30, in replica il giorno successivo alle 17.20. Con buona pace di Scalo 76 Remix.
L’impianto dei provini è conosciuto: esempio noto è quello di “Popstar“, ovviamente da rivedere e correggere in potenza. La cornice attorno alla quale si costruisce questa porzione di trasmissione è identico a quello promozionale che così si riassume: X Factor è un evento, l’occasione della vita per chi ama cantare. Il vero talent show. Il progetto si vuole presentare serio e strutturato. I promo hanno contribuito ad infondere nei tre selezionatori (con più o meno successo) il carisma necessario che sottolinei il loro professionale ed inclemente potere decisionale.
Simona Ventura cerca la personalità e la bellezza, Marco "Morgan" Castoldi la credibilità vocale e Mara Maionchi, la ormai celebre produttrice discografica, la papabilità nel mercato italiano. Questo è ciò che dovrebbe essere. Svisceriamo invece ciò che ai fatti X Factor versione daytime è, confrontandolo con l’edizione britannica.
In entrambe l’elemento avvicinante non è il talento, ma il non talento: si mostra la comicità naturale di chi non ha le capacità ed è privo di doti, puntando a mostrare il grottesco che genera effettivamente ilarità in entrambe le edizioni. L’effetto Corrida, per intenderci.
Poi i talenti. La distribuzione alternata tra gli “incapaci” e i cantanti esalta la bravura di chi ha a tutti gli effetti il Fattore X, la dote artistica di arrivare al pubblico. In questi primi provini c’è sicuramente lo stesso spirito della versione UK e le emozioni del canto a cappella non mancano.
Purtroppo, già da questa prima puntata, i tre selezionatori cadono in alcune trappole che smontano quella struttura “alta” che si vuole costruire: cedono in un paio di occasioni nelle bellezze ammiccanti di giovani senza grandi numeri. Troppo spesso inoltre l’atmosfera che dovrebbe essere austera e severa, spezzabile solo dai provinati, diventa per tutti “tarallucci e vino”.
Se nei provini UK ogni singolo artista a cui è stata data un provvisoria conferma regala emozioni forti (fino alle lacrime, talvolta) qui sembra che ci si accontenti di un potenziale, due occhietti azzurri e via, sei dentro. Il secondo fattore che abbassa il livello emotivo si fonda su di un punto molto chiaro: i provini stancano. Chi li fa, chi li gestisce e chi li vede.
Detto questo, il problema in Inghilterra viene risolto con questo stratagemma: in ogni singolo provino visibile in tv, i selezionatori non perdono un ciglio della loro granitica compostezza. Qui l’esatto opposto: di gran lunga Simona Ventura (la tutina rosa baby comoda la dice lunga), meno Morgan e dietro un pochettino anche la seriosa Maionchi, ma più di tutti lo stesso montaggio, hanno fatto percepire “l’aria di stanchezza da provini”. Se sono stanchi loro da pagati, figurarsi lo spettatore medio pre tg della sera.
Un montaggio più ritmato, meno attenzione ai soggetti mediocri (in positivo e in negativo) e maggiore fedeltà all’originale aria schizzinosa e vipera dei provinanti darebbe il piglio che manca ad un format di successo all’estero che qui in Italia è già vittima di pregiudizi (giustificati?) di chi vede in Amici l’unico talent show possibile.
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