Proseguendo nella visione, con pazienza e fiducia, ci si rende conto della buona volontà del progetto, che nasce da un’ispirazione cinematografica ben precisa. Il regista Paolo Virzì, infatti, ne ha curato la scrittura trasformandola in uno spin-off seriale di una vecchia creatura cinematografica, Caterina va in città. C’è il professore Antonio Cicerino, interpretato da un Giorgio Tirabassi a metà tra il biascicone Insinna e lo sfigato Silvio Orlando, che è l’alter ego goffo e un po’ fesso di Castellitto nel film sopra citato. E’ un insegnante di lettere della provincia, vedovo, che viene trasferito dall’istituto Tecnico per Geometri di Roccasecca al Liceo Colonna della Roma bene.
A seguirlo è la figlia Elena (Carolina Benvenga), che è ormai tutta la sua famiglia. Una ragazza acqua e sapone, dai buoni sentimenti, destinata a diventare l’Eva Cudicini dei poveri, nel senso che non viene da Milano con i suoi abiti firmati e la messa in piega appena fatta. Padre e figlia si muovono in un inizio incerto, contrassegnato da battute già sentite e il senso di un trasferimento post-vedovanza che ha sin troppi precedenti.
Non è facile distinguersi, tra le reiterate corse clandestine di Tre Metri sopra un cielo e gli antesignani Compagni di scuola, tenuti a bada da un insolitamente burbero Massimo Lopez. Eppure ci si prova con un intento che si preannuncia ambizioso: trovare una morale nel degrado scolastico attuale, a colpi di interrogazioni concordate, prof demotivati e anarchia etica.
Sulla scena si susseguono i vari prototipi del compagno di classe medio, tra il pariolo Claudio Rizzo (il Federico Costantini reduce dalla commedia CardioFitness), l’inquieto Daniele Cook (il ballerino Alberto Galetti di Amici) e il nerd Fabio Petrucci (Damiano Russo, già visto in Compagni di scuola e La Tassista). Mentre il cast di professori vanta l’acquisto di una garanzia come Carmela Vincenti, che da implacabile professoressa Giacci di 3msc ora confida nello sciopero degli studenti per godersi un lungo weekend.
E dire che Federico Moccia, sul grande schermo, aveva bannato ogni velleità pedagogica, facendo del bullo Step un incondizionato eroe allergico alla chiave buonista. La TaoDue, invece, porta i Liceali tra i banchi delle scuole italiane, stigmatizza la sveltina nel laboratorio di scienze, denuncia l’abuso di interattività per cui le nuove generazioni stanno perdendo il contatto con la realtà…
Apre, insomma, uno spiraglio positivo, confidando nel ruolo guida di due attori navigati e interpretativamente sorprendenti. Il copione, infatti, non teme che i due possano stare al resto del cast come Bonolis stava alle ragazze di Non è la Rai e investe su di loro come collanti della trama. In particolare La Pandolfi conferma di essere tanto snob nelle interviste quanto brava sulla scena, nei panni di una folle docente menefreghista come Enrica Sabatini. A una come lei di istruire i suoi studenti non gliene può fregar di meno, perché ha smesso di crederci da un pezzo.
E il telespettatore finisce, così, per confidare via via che tutto cambi, per scovare nell’intento di denuncia un’esigenza di riscatto e risarcimento. I Liceali sono l’ultima speranza che ci è rimasta, per uscire dal rosa confetto delle fiction fatte a pezzi. Anche a costo di qualche ripresa più buia, di una sceneggiatura che fatica a ingranare ma dimostra, tra un dejavù e l’altro, la sua promettente cifra educativa.
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