Si sapeva che la fede non era soltanto quella per la maggica, nel senso della Roma giallorossa. Si sapeva che l’Antonello figlio di Vincenzo Italo, molisano ufficiale di polizia, poi vice prefetto della capitale, e di Wanda, professoressa madre, madre professoressa, soprattutto cattolica vera, profonda, era venuto su tra tormenti dovuti al fisico, prima gracile, dentro un’incubatrice, poi obeso, e struggimenti dovuti ai pensieri, la rabbia giovanile, l’impegno ideologico, il credo comunista senza tuttavia dimenticare l’educazione al Signore trasmessagli da Wanda.
Si sapevano tante, tutte queste cose qui di Antonello Vendittima del demonio che lo aveva quasi posseduto, no, del miracolo annunciato, o meglio preannunciato da San Francesco Saverio alla madre devota, «non ti preoccupare, si salverà e da grande sarà un cantante famoso», il pupo sarebbe diventato pupone, dell’arte discrivere dicantare. Chi poteva immaginare? Lo ha detto, svelato, rivelato lo stesso Venditti a Petrus, quotidiano online sull’apostolato di papa BenedettoXVI, ormai terra di confessione imprevista di molti personaggi (penultimo, prima di Venditti, Lucio Dalla).
«Credo in Cristo e senza di lui sarebbe vana e vuota tutta la mia vita. Comunque ho un rapporto stretto con la mia religiosità che preferisco non sbandierare ai quattro venti». Non soltanto Cristo ma anche Satana, appunto, il demonio: «Ne sono stato vittima quando avevo sedici anni, ero ossessionato da una figura malefica che appariva all’improvviso e mi immobilizzava quasi del tutto. Ricordo che potevo muovere soltanto il braccio destro, tanto che mi praticai da solo una specie di preghiera di liberazione facendomi continuamente il segno della croce fin quando l’immagine orribile e malefica non scomparve definitivamente». Il braccio destro, in Petrus non è spiegato, è anche la reliquia di San Francesco Saverio custodita nella Chiesa del Gesù di Roma, una relazione inquietante alla quale sicuramente Wanda madre e professoressa avrà pensato e, sulla quale, pregato.
Venditti cattolico di fede, non di fazione, Venditti comunista di spirito non di propaganda: «Perché il vero comunismo non è mai stato realizzato da nessuna parte» aveva detto in un libro intervista «Dal sole di Roma capoccia al cuore di Palermo». Il suo sogno vero, dunque, resta quello di allestire un grande concerto in piazza San Pietro «piena di uomini e di donne che hanno avuto la grazia di essere redenti dal peccato e sono lì portandosi appresso quello che sono e quello che sono stati».
Antonello Venditti servo di Cristo, dunque, dello stesso Gesù per il quale venne denunciato per vilipendio. La canzone, del 1974, si intitolava appunto «A Cristo», era un invito ironico ma affettuoso, sicuramente amichevole, rivolto al Signore che era stato segnalato per le strade di Roma e avrebbe fatto meglio a tornarsene da dove era venuto «a ridatte quatto quatto in Galilea », perché per luinonc’era posto, tra lestofanti e ladri, eppure «... Ammazzete, Gesù Cri, quanto sei fico...» erano le parole di un amico, di un fedele, di un ammiratore. È lo stesso Antonè de «la santità der Cuppolone», dunque nulla dinuovo sotto il sole di Roma ma molto di bello, di vero, in questo artista che oggi viene scoperto fedele e praticante, e parla di padre Pio e del papa: «Il Santo degli umili, Santo Pio, dei semplici, delle persone che credono per fede e che non hanno bisogno del miracolo di “vedere e di toccare”. Io non mi considero un novello San Tommaso, non cerco segnali prodigiosi, l’esposizione del corpo di padre Pio non aumenta né diminuisce la mia devozione per lui che è la sintesi della santità, perché credeva e obbediva senza mai chiedere nulla in cambio. Io contesto chi si reca da padre Pio per abusare di lui».
E Benedetto XVI poi: «Un signor Papa e un signor teologo. Credo e confido in lui. Noi tutti cristiani dovremmo portare rispetto al papa perché rappresenta il vicario di Cristo in terra. Benedetto XVI è stato voluto dallo Spirito Santo alla guida della chiesa cattolica ed è nostro dovere sostenerlo, ascoltarlo,seguirlo e difenderlo sempre e comunque. E poi lui è Benedetto di nome e di fatto». A lui dedicherebbe «Stella». Questa non è la promozione di un cd in prossima uscita, secondo usi e costumi di molti colleghie compagni suoi. Queste sono le parole di primavera di un ragazzo che ama Totti e il pallone ma anche, come direbbe un suo amico, il comunismo, quello vero e inesistente, la vita, le donne, il sesso che non c’è senza amore, infine Giulio Cesare e primadi tutti Gesù Cristo. Grazie a quel braccio intorpidito, pregando, una notte prima degli esami, davanti all’immaginetta di San Francesco Saverio.
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